CRESCITA PERSONALE

La libertà del pensiero: Ipazia d’Alessandria

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Ipazia d’Alessandria (nata intorno al 370 d.C.) è stata una scienziata, insegnante, astronoma e filosofa. Figlia dell’insegnante Teone, si dedicò allo studio e all’insegnamento della matematica, dell’astronomia e della filosofia. In particolare, Ipazia s’ispirava alla filosofia neoplatonica pagana in un contesto in cui il fanatismo cristiano era in costante ascesa. Aveva moltissimi discepoli, tra cui pagani e cristiani, come Sinesio di Cirene, che poi divenne vescovo di Tolemaide e che sempre la considerò come un punto di riferimento: “Tu, madre, sorella e maestra, mia benefattrice in tutto e per tutto, essere e nome quant’altri mai onorato.
Ipazia superò di gran lunga molti filosofi del suo tempo e divenne vittima delle gelosie e dinamiche politiche che culminarono con la sua barbara uccisione da parte di una folla di fanatici cristiani (c.d. parabolani), espressione di una corrente che si riteneva detentrice dell’unica verità possibile e che quindi ostacolava la diffusione della scienza e della cultura. I suoi scritti sono andati perduti probabilmente in seguito a uno dei tanti incendi della biblioteca d’Alessandria. Del resto il rogo di libri (o biblioclastia) è stato storicamente messo in atto da autorità politiche e religiose per rafforzare il proprio dominio.
Ipazia è considerata simbolo della libertà di pensiero e dell’indipendenza della donna e la sua storia ha molto da insegnarci.
Personalmente ne ho tratto queste lezioni:
1. L’intolleranza uccide la libertà
Qualunque forma di intolleranza distrugge la cosa più preziosa che abbiamo: la libertà. La libertà di credere in ciò che vogliamo, d’amare chi vogliamo ed esprimere la nostra personalità. Nei limiti in cui non si ledano i diritti e la dignità propria e altrui, dobbiamo onorare la nostra libertà e far sì che sia onorata quella del prossimo.
2. Il diritto di essere diversi è libertà
Si può imparare molto da chi è diverso da noi. Vedere le cose da un’altra prospettiva, confrontarsi con altre idee, scambiarsi punti di vista è evoluzione. La diversità è una ricchezza straordinaria e va preservata, non soffocata.
3. Il fanatismo è la negazione della libertà
Ogni forma di fanatismo, religioso o politico, è stata causa di violenza: i crimini più atroci sono stati commessi e vengono commessi in nome di dottrine e credi sostenuti in modo fanatico. Il fanatismo implica la negazione del pensiero libero e per questo, va sempre combattuto.
4. La libertà di pensiero va allenata
Mantenere sempre la propria mente libera dai condizionamenti e dai pregiudizi della realtà circostante è libertà di pensiero. E il pensiero va nutrito con la lettura, con la cultura, con la curiosità, con il miglioramento personale.
5. C’è una donna libera in ognuna di noi
Dovremmo far sì che il sacrificio di donne come Ipazia non sia stato vano e possiamo farlo ricordando che in ognuna di noi c’è una donna libera, che può far sentire la propria voce per insegnare agli altri qualcosa, per combattere le piccole e grandi ingiustizie, per tracciare un sentiero.
Voglio lasciarvi con questo passaggio su Ipazia d’Alessandria, tratto da una conferenza tenuta da una donna straordinaria che, oltre ad essere mia madre, è colei che mi ha insegnato la meraviglia del libero pensiero.
Ipazia non era lontana da Dio, come le venne contestato. Gli era molto più vicina di quanto si creda. (E io, mamma, non avrei mai saputo spiegarlo meglio di te…).
“Ipazia è figura carismatica, direi sacerdotale, con forte tendenza verso l’esoterismo platonico: il mistero del mondo soprannaturale che per lei è la vera realtà dell’uomo. Ma come scoprire questa verità? La filosofa insegnava allora che bisogna avviarsi per un cammino che consenta alla realtà terrena di avvicinarsi a quella divina. E questo può accadere solo se i valori umani sono somiglianti a quelli divini poiché nel mondo della perfezione può entrare solo chi gli è simile. Invitava pertanto a un risveglio della coscienza, alla necessità di guardarsi dentro, nella propria interiorità per stanarvi eventualmente vizi capitali. “Abiti del male” li definì Aristotele e sono quelli danteschi della Divina Commedia come la lussuria del potere, superbia, invidia, avidità. Contro di essi, diceva questa grande donna, tra l’altro scienziata, occorre, una volta che siano stati individuati, ingaggiare un duro combattimento per curare la propria anima. E ciò attraverso l’intelletto, la logica per orientare la conoscenza verso l’apprendimento delle qualità eterne dello spirito: bontà, giustizia, libertà, verità, che sono propri del Mondo Divino, appunto, e che implicano il bene dell’altro, costituendo quindi parametri di riferimento in base a cui si può agire correttamente. E poiché il male peggiore è credere di avere la verità rivelata, questa sublime insegnante spingeva a fare uso della dialettica in modo da pervenire a valori comuni portati alla luce attraverso una reciproca evoluzione. A questo proposito, rispettosa di tutti gli altri indirizzi religiosi, lascia una sostanziale eredità intellettuale e spirituale, affermando che la Fede non è uno spartiacque tra salvati e non salvati e che l’intelletto non è contro di essa, non è una sua alternativa, ma il suo strumento per comprendere il senso della vita. Senso che consiste in un processo catartico dell’anima, come percorso incessante cioè di purificazione interiore dalle proprie passioni. Questo è il mandato divino per l’essere umano, nel senso che debba effettuare una continua evoluzione morale proiettata all’apprendimento del bene per poter incominciare a intravedere la realtà celeste, riscoprendo infine la vera realtà di se stesso, d’essere cioè d’essenza simile a Dio. Conoscenza di cui la ragione viene a sapere e di cui informa l’anima al termine del suo processo di ricerca delle virtù con cui l’ha progressivamente nutrita per curarla dai suoi aspetti negativi. A questo punto infatti la ragione si è trasformata in conoscenza mistica, ovvero “sofia”, e cioè alla fine del percorso che l’ha vista man mano andare oltre se stessa, cogliendo delle cose il significato nascosto. Infatti, dice Platone che l’intelletto nasconde in sé l’aspirazione al soprannaturale essendo principio divino, per cui i limiti umani sono superabili. Del resto, come da tradizione filosofica sacra della grecità, l’essenza umana, essendo simile a Dio, è capace di pervenire alla bellezza interiore. È meraviglioso e splendido questo mondo intellettuale e morale di Ipazia: una donna che, come Socrate in Atene, andava per le strade di Alessandria insegnando la bellezza della dialettica come massimo bene dell’uomo e che portava la grande luce del pensiero greco a tutti indistintamente, solo che fossero stati disposti ad ascoltarla, perché pervenissero alla conoscenza dei valori universali dello spirito capaci di ricondurre alla patria celeste, tracciando la strada verso il Cielo. Entrambi uccisi dalla lussuria del “Potere” che si servì di una religione per impedire che insegnassero a pensare, a dialogare.” (Rosa Russo Persichetti, Conferenza su Ipazia d’Alessandria, Pescara).
“Verso il cielo è rivolto ogni tuo atto”
(Pallada d’Alessandria)

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