SPIRITUALITÀ

Dai Grammy a Sanremo: torneremo “a riveder le stelle”?

English

Qualche giorno fa a Los Angeles si è tenuta la cerimonia dei Grammy Awards, uno dei premi più noti nel mondo dell’industria musicale, paragonabile agli Oscar del Cinema. Durante la serata si sono esibiti dal vivo molti artisti, tra i quali Sam Smith e Kim Petras con la canzone Unholy. La loro performance è stata criticata da parte dell’opinione pubblica americana per la coreografia smaccatamente “infernale”, con richiami a simbologia occulta e rappresentazione di oscuri rituali. Beh, con un titolo del genere (e con un ritornello del genere) non credo potessimo aspettarci di vedere un balletto di fatine colorate, ma magari neanche le contorsioni di una donna chiusa in una gabbia che manco nei più squallidi club di Brooklyn, né un tizio accerchiato da individui posseduti in adorazione. Per me è stato tutto davvero di cattivo gusto, ma comunque dai, vogliamo dire che durante i Grammys un po’ di “esuberanza” ci può stare?! Anche se è un evento di rilevanza internazionale, che dovrebbe celebrare la musica, a cui assistono pure i bambini? Okay: diciamo che si è trattato di espressione artistica. Però poi recuperiamo con qualche bella esibizione che riporti un po’ di “luce”, qualcosa che magari sfrutti la musica per veicolare un messaggio di amore e bellezza. E invece no! Perché successivamente è salito sul palco Dj Khaled, con il suo brano God did, che ha partecipato con altri distinti colleghi, tra cui Jay-Z, a una Ultima Cena servita su una tavola lucullianamente imbandita a festa, durante la quale si riferiva a se stesso come a un dio e alle sue parole come alle parole del Nuovo Testamento.

Per non parlare dell’eleganza degli outfit: ormai più che una premiazione sembra una specie di defilé del satanismo. Sul “red carpet” non mancano mai richiami all’occulto, ai demoni e al torbido. Del resto, il mondo della moda non è certamente estraneo all’esoterismo: da Dior a Balenciaga, da Hermès a Schiapparelli. Recentemente quest’ultimo ha presentato a Parigi la sua collezione ispirata all’Inferno di Dante (non sia mai vi ispiraste al Paradiso, eh!), alla quale ha presenziato la cantante Doja Cat con un abito allusivamente infernale e – per me – abbastanza disturbante. Che poi la Maison è quella che Chiara Ferragni ha scelto per alcuni dei suoi abiti e accessori indossati a Sanremo, inclusa la collana a forma di capr… ops, volevo dire di “uterone” indossata a sostegno del diritto all’aborto.

Ma torniamo ai Grammys: sono anni che le performance sono connotate da richiami all’occulto, volgarità e gestualità sessuale. Solo che ora il livello di perversione è arrivato al punto da innescare, nella mente di appassionati di esoterismo e non, il dubbio che vengano messi in scena veri e propri rituali volti ad adorare il male e a deridere la Cristianità. Non c’è bisogno di essere complottisti per notare che durante questa e altre manifestazioni trasmesse urbi et orbi vengono spesso riproposti gli stessi schemi: vestiti rossi, simbologia occulta sparsa qua e là sul palco, dissacrazione dell’iconografia Cristiana, oscenità, promiscuità, coreografie orgiastiche, raffigurazioni di serpenti, venerazione di animali e tutte queste belle cose qui. Madonna ai Grammy del 2015 portò in scena un’esibizione mefistofelica davanti a un pubblico entusiasta e all’Eurovision del 2019 praticamente celebrò una messa nera. Il che non dovrebbe stupire visto che la “regina del pop” ha fatto della blasfemia la colonna portante del suo successo: le sue performance, i suoi concerti, i suoi testi, tutto in Madonna ha una chiave di lettura sinistra. Provate a cercare la traduzione della sua canzone Holy Water oppure di Like a Prayer, che canticchiavamo già a dieci anni mentre giocavamo con le bambole (no, non parla di una preghiera.) Date uno sguardo ai video dei suoi concerti, ai suoi live, al suo modo di vestire o allo shooting fotografico di cattivissimo gusto che ha fatto per Vanity Fair e forse vi sarà più chiaro quello che sto cercando di dire.

In realtà potrei continuare all’infinito con l’elenco degli artisti che a un certo punto della loro carriera hanno preso una deriva – diciamo – “oscura”. Beyonce, ad esempio, che dissemina i suoi testi di volgarità e blasfemia da tapparsi le orecchie. E poi ancora, per citare quelli forse più conosciuti in Italia, Katy Perry, Billie Eillish, Adele, The Weeknd, Taylor Swift, Ariana Grande, Lady Gaga. A proposito di Lady Gaga: la canzoncina che tutti ballano con il sorrisetto sulle labbra su Tik Tok con quella coreografia idiota (I’ll dance dance dance. With my hands hands hands. Above my head head head) irride volutamente il messaggio evangelico. Non da meno è la sua canzone Judas nella quale glorifica esplicitamente Giuda o Bad romance, con indiscutibili richiami nel video all’alchimia e alla magia nera.

La cosa meravigliosa è però l’immancabile “I wanna thank god”, pronunciato da tutti, o quasi, dopo aver ritirato l’agognato premio sul palco. Non sarebbe più corretto da parte loro chiarire quale “dio” stanno ringraziando? Recentemente Kayne West, per manifestare la propria dissociazione da queste dinamiche perverse, ha inciso un album in cui osanna esplicitamente Gesù e il Vangelo e dove – guarda un po’ – mancano espressioni turpi o blasfeme.

Del resto, si sa: o Dio o mammona…

E infine, da questa torbida melma, emerge ripugnante l’ego smisurato del divo, bramoso di essere idolatrato. Nel variopinto e biasimevole pantheon delle terrene divinità, troviamo chi si fa raffigurare nelle vesti della Vergine Maria, chi si autoproclama dio/dea, chi nelle coreografie e nei video viene adorato da personaggi maligni esibendo il male e compiacendosi della propria malvagità. Se ci fate caso, è costante nelle coreografie il tema della venerazione degli artisti, legittimati a innalzarsi sopra ai comuni mortali, un po’ come ha fatto Rihanna al Super Bowl di qualche giorno fa, “benedicendo” a fine esibizione tutto il pubblico con l’immancabile gesto del triangolo. Chiaramente, in questa sorta di neopaganesimo artistico, al culto della persona si aggiunge quello per gli oggetti da loro posseduti, con l’ostentazione di vestiti, orologi, automobili e ville da milioni di euro.

Insomma, per farla breve, molti dei “re” e delle “regine” dell’industria musicale americana sono ossessionati dal male e vogliono essere idolatrati come dei. 

Ora, va bene la libertà di espressione, per carità, però abbiamo travalicato di parecchio i limiti della decenza e siamo già abbondantemente nella sfera della perversione. Al di là dello squallore, “c’è del marcio in Danimarca” o dovremmo dire a Hollywood. Hollywood deride Dio, deride il sacro, sta imponendo al mondo un linguaggio osceno e volgare, sta rendendo la musica una cloaca di parolacce, espressioni turpi, simbologia occulta e venerazione del male. Hollywood insomma ci sta facendo abituare all’indecenza.

A questo punto, la vera domanda è: perché? Perché gli artisti di Hollywood sono ossessionati dal mondo infero? Perché sentono l’esigenza di schernire il sacro?

Che ci sia sempre stato un collegamento tra l’industria musicale americana e l’esoterismo è cosa nota, o almeno lo è per chi, come me, si interessa di questo argomento. Da sempre i più famosi e impensabili cantanti hanno celato in modo più o meno evidente nei loro album, nei testi e nelle esibizioni, simbologia esoterica occulta. E non lo hanno di certo fatto ingenuamente, ma perché chi sta dietro le quinte di questo mondo, chi ne regge le redini, sa perfettamente che i messaggi subliminali funzionano. E quindi utilizza la sconfinata influenza di questi personaggi (o dovrei dire semidei) in modo da far arrivare il messaggio che loro vogliono veicolare a più persone possibili.

Il messaggio subliminale è infatti qualsiasi informazione che viene percepita a livello inconscio in quanto scavalca la mente cosciente e “parla” alla mente subconscia. Può trattarsi di suoni, scritte o immagini. Ed è un linguaggio subdolo perché elude il filtro della nostra consapevolezza. E il messaggio con cui vogliono nutrire (leggasi indottrinare) le nostre coscienze è che in qualche modo l’adorazione del male porta al successo. O forse, più precisamente: che bisogna allontanarsi da Cristo.

E quel messaggio sedimenta nella mente, nei pensieri e nei desideri. Diventa familiare. Così la messa nera non è più un rito abominevole, ma un innocente spettacolo nel corso del quale l’invocazione dell’intervento di forze maligne è puro divertimento. Così, subdolamente, le tenebre sono uscite dalle tenebre e la perversione è assurta a modello di comportamento, con implicito invito all’emulazione da parte dei fan che osannano l’artista e desiderano conformare al suo modus vivendi il proprio.

Purtroppo, il fenomeno “Hollyweird” ha attraversato l’oceano ed è arrivato anche qui. E non mi riferisco solo al cantante che fa l’ennesimo gesto delle corna con la lingua di fuori o che ha il serpente tatuato da qualche parte (che davvero, wow! Allora sei proprio un bad guy!), ma alla volgarità dei testi, alla ridicolizzazione del sacro, all’oscenità imposta al pubblico, al modo di vestire.

Anche il nostro Sanremo ormai da qualche anno si sta trasformando in un Grammy in miniatura. Certamente non vengono messi in scena rituali, ma è stato eliminato il parametro del decoro. Tutto è consentito per imporre il proprio messaggio e non si considera che dall’altro lato delle telecamere ci sono bambini, persone anziane, gente che magari non ha voglia di essere “fissata” dai capezzoli della conduttrice di turno mentre cena. I cantanti e i presentatori possono mostrare anche la parte più bassa dell’istintualità umana perché riecheggia una frase inappellabile che stronca immediatamente qualsiasi argomentazione contraria: la difesa dei diritti.

Oramai – e non solo a Sanremo – le donne si spogliano sempre di più perché devono difendere il diritto delle donne a disporre del proprio corpo. E quindi, fatemi capire, i capezzoli sarebbero portatori di questo profondo messaggio? Fategli fare una conferenza la prossima volta, non so, portateli in Corte Europea per i diritti dell’uomo… Sono convinta che la donna debba poter disporre del proprio corpo e sono assolutamente favorevole al diritto all’aborto, ma sono altrettanto convinta che non serva mettere in mostra il proprio corpo nudo e oltrepassare il buon gusto.

Così come sono favorevole al riconoscimento dei diritti civili in favore delle persone omosessuali, eppure penso che non serva ostentare il proprio orientamento simulando un rapporto sessuale in diretta nazionale, perché sono proprio quegli atteggiamenti che “sporcano” e fanno apparire come osceno ciò che in realtà non lo è.

Sono favorevole a tutte queste cose eppure credo in Dio. E credo che, in tutto questo mare di parole che inneggiano al rispetto, sia venuto completamente a mancare il rispetto per chi crede. Perché oramai su quel palco si può fare tutto, anche irridere la sacralità, profanare il battesimo, scherzare sulle invocazioni sataniche.

Sono consapevole che, a volte, le proteste finalizzate ad ottenere il riconoscimento di diritti e opportunità hanno dovuto, e purtroppo ancora devono in alcune parti del mondo, assumere forme scioccanti per modificare lo status quo, per creare delle crepe nel muro di indifferenza e connivenza che sovrasta le legittime aspirazioni di chi si trova nella paradossale condizione di dover rivendicare la propria uguaglianza di essere umano. Ma non è questo ciò a cui ho assistito. Non ho visto alcuna lotta per l’affermazione della propria dignità, per la pretesa del rispetto, per la giusta esenzione dal pregiudizio.

Caro Sanremo, come io devo rispettare il diritto di tutti di amare chi vogliono, tu devi rispettare il mio diritto di amare Dio. E i valori. Perché se il fine apparente è la difesa dei diritti, in realtà quello che si sta ottenendo è invece un’erosione continua, costante, a piccole dosi dei nostri valori. E non parlo solo dei valori di chi crede. Parlo dei valori che non hanno religione, quelli eterni, impressi nel nostro dna spirituale, sintetizzabili nel rispetto della propria dignità e di quella degli altri.

Mi domando se esista un limite all’infimità delle rappresentazioni che gli Arconti intendono portare in scena, ma non ho dubbi che non praevalebunt.

Rona

Popular Articles...