Giorni fa si è molto parlato di una vicenda accaduta in un noto reality. In particolare, un concorrente con delle fragilità psicologiche ha deciso di abbandonare il gioco in seguito al comportamento aggressivo e indifferente di alcuni degli altri partecipanti.
Ammetto che non sono una fan di questo genere di programmi e che, a mio avviso, “gettare in pasto ai lupi” chi sta attraversando un momento di difficoltà solo per aumentare gli ascolti, mi sembra approfittare della sua vulnerabilità, ma tanto le dinamiche della televisione oramai sono chiare e in un certo senso rappresentano un’evoluzione di quelle dell’antica Roma in cui, per far divertire il popolo, si facevano sbranare le persone dai leoni nel Colosseo. Non intendo dire che certe tematiche non vadano affrontate in TV, ma sicuramente non in uno show che ha come finalità un intrattenimento superficiale. Purtroppo però lo spazio riservato ai programmi in cui tali contenuti sono trattati con piglio scientifico viene progressivamente eroso.
Da anni, infatti assistiamo al degrado in cui inesorabilmente è sprofondato il mondo dello spettacolo: musicisti improvvisati che hanno oscurato cantanti talentuosi solo perché fintamente alternativi; pseudo attori che vengono imposti a scapito chi si è dedicato allo studio della recitazione; format televisivi di tutti i tipi riempiti di concorrenti e contenuti imbarazzanti. E, in generale, personaggi senza alcuna competenza e spesso senza alcuna capacità dialettica ospitati come “opinionisti” sui più disparati argomenti.
Come si è imposto questo modello culturale che premia con il successo l’incompetenza? Voglio dire, in passato alcune personalità diventavano famose grazie al contributo costruttivo che apportavano al mondo. Che si trattasse di arte, cultura o scienza, in genere chi emergeva aveva un talento o una preparazione tali da consentirgli di distinguersi dalla massa. Non che non vi fossero i “raccomandati” di turno, ma rappresentavano un’eccezione e, comunque, anche al raccomandato si richiedeva uno standard minimo di competenza in uno specifico settore per cui, in qualche modo, l’accesso alla tv era “filtrato” da una preliminare valutazione. Ad un certo punto la meritocrazia è stata abbandonata e sono stati adottati criteri selettivi basati per lo più su di una sciatta frivolezza.
A mio modo di vedere, la responsabilità è stata dei social che, da prezioso strumento di esercizio del diritto democratico di esprimere la propria opinione, sono diventati il mezzo attraverso cui affermarsi senza avere nulla da dire. Grazie ai social non è più la competenza, il talento o il merito, ma è la visibilità che porta al successo. E per avere visibilità (con le dovute eccezioni, si intende) può anche solo bastare mostrarsi seminudi o esibire con scaltra sicurezza la parte più negativa di sé. Con il risultato che assurgono ad una immotivata notorietà personaggi fatui e con un ego smisurato. L’ego, inteso come consapevolezza di sé, se guidato ed educato, è essenziale alla costruzione di una personalità equilibrata basata su di una sana autostima, ma se lasciato “senza briglie”, tende a far prevalere il suo lato oscuro e tramutarsi in una sconfinata e vuota esaltazione dell’io.
A questo proposito prenderei in prestito la famosa esortazione “stop making stupid people famous!” e la trasformerei in “stop making empty people famous!“, cioè smettiamola di far diventare famosi personaggi “vuoti”, che non hanno nulla da insegnare o incapaci di intrattenere con professionalità. Personaggi assurti alla notorietà sono grazie all’ostentazione della loro vacuità. Gente affamata di gloria, senza talento e senza preparazione.
Come si fa, dunque, a smettere di far diventare famose queste persone? Come possiamo contribuire nel nostro piccolo a un’inversione di tendenza? Credo sia necessaria una scelta consapevole: decidere di “seguire” solo persone che davvero possono apportare un contributo costruttivo alla nostra vita. “E che ci vuole?” potrai pensare, ma in realtà non è sempre così facile: siamo bombardati da contenuti inutili e alle volte veniamo risucchiati dal vortice della curiosità senza neanche accorgercene. Anzi, sono proprio le stesse piattaforme che fanno in modo che chi ha più visualizzazioni vada in tendenza e poco importa che si tratti di contenuti stupidi, volgari, ai limiti della decenza e sempre più spesso connotati da sadica cattiveria. Ciò che conta è – appunto – che siano visti dal più alto numero di persone.
Basterebbe invece applicare un semplice principio: se certi personaggi “vuoti” smettono di ricevere da noi attenzione, la loro immotivata fama finisce. Punto.
Ecco, quindi cosa puoi fare in pratica:
- da’ un’occhiata critica ai tuoi social e inizia un sano social decluttering: se si tratta di personaggi che fino ad ora non hanno apportato alcun tipo di valore alla tua esistenza/alla società o che non reputi intellettualmente/artisticamente stimolanti, allora puoi premere tranquillamente il tasto “unfollow” e liberare spazio occupato inutilmente;
- quando ti appare un link che promette di rivelarti l’ultimo bollente gossip non cliccare; puoi vivere anche senza sapere perché la coppia più amata dagli italiani si è lasciata (ti assicuro che a loro di te non fregherebbe assolutamente nulla…);
- quando ti vengono suggeriti video cretini o disgustosi sui social non ti soffermare a guardarli. I contenuti stupidi e volgari servono proprio ad attirare l’attenzione di chi certe cose non le farebbe mai;
- cerca contenuti di valore e/o in linea con i tuoi progetti e i social ti suggeriranno profili simili da seguire.
Del resto, perché tu che non sogneresti mai di creare contenuti idioti, di condividere balletti imbarazzanti, di propalare cattiverie e pettegolezzi a scapito di chi attraversa un momento difficile dovresti riempire il tuo tempo guardando chi lo fa? Se ci rifletti è davvero un insulto alla tua intelligenza ed è una questione di rispetto verso te stessa: diventi ciò di cui il tuo cervello si nutre!
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